Ci troviamo in uno stato di eccezione, compressi fra l’ossessione di risposte rassicuranti e la ricerca scomposta di una compensazione a ciò che abbiamo perso, soli e tuttavia iper-connessi.
Ci rivolgiamo al nostro inconscio, oscillando fra la necessità di parlare al “noi” di domani e quella più intima di fare spazio al silenzio. Entrambe sono autentiche.
Non esiste formula, non c’è medicina, e tuttavia ci sforziamo di dare una forma ai nostri desideri, perché abdicare a ciò significherebbe abdicare ad un paesaggio di domani.
E il corpo, il nostro corpo fisico, contenitore intelligente di questa moltitudine di stati emotivi è quello che più si scontra e si confronta con le limitazioni imposte da questo stato di eccezione.
“1 minuto sospeso” parla di questo: un’auto-esposizione a cui abbiamo agganciato ciò da cui tutto è partito: l’opera di videodanza che ce li ha fatti conoscere.