Nell’affrontare il tema dell’identità, di come cambia e si trasforma nel tempo, nell’osservare il corpo come testimone di tracce e segni che ci inducono a ri-conoscerci, ci si sofferma sull’idea del ripercorrersi come figure astratte ed autentiche, indaffarate nell’atto del risalire/resistere. L’intenzione è quella di indagare a fondo il tema dello svolgersi del tempo in rapporto con l’evolversi dell’identità, fotografandone il suo continuo dissolversi e trasformarsi, ricostruirsi.
In questo processo si rivela di grande ispirazione l’opera di Alberto Giacometti.
L’identità individuale e comune è qui intesa come precario equilibrio tra pieno-vuoto, equilibrio-disequilibrio, guerra–quiete, archivio di memorie fisiche che si manifestano sottoforma di movimento. Proprio come le figure di Giacometti che si presentano come un coagulo di materie/memorie aggrappato all’asse centrale e che vivono costantemente in uno spazio indefinito e privo di riferimenti, uno spazio che è vortice, dove i performers condividono il loro continuo orientarsi.