“Datemi una maschera e vi dirò la verità”
O. Wilde
Hyenas è un ballo in maschera. Cinque personaggi arrivano sul palcoscenico di un teatro. Agiscono ciclicamente una presentazione, una preparazione, un ballo. Attraverso successivi smascheramenti evocano dei quadri generazionali anche legati al mondo giovanile contemporaneo esprimendo così le diverse modalità del loro essere: da una parte l’uniformità “global” del gregge e il suo bisogno di contatto col tribale, l’archetipo e il mito; dall’altra il violento e solitario ghigno della iena.
Se il volto è il teatro dell’uomo, la maschera è la scenografia che lo copre. Il viso appare di faccia, si chiama “la faccia” e per questo può scegliere di essere “di facciata” o sfacciato. Senza faccia.
Con una maschera quindi. Indaghiamo la relazione tra questi due “visi”, uno nudo e uno mascherato, dando forma e sviluppo alla tensione tra la rigidità della maschera e il segreto che dietro vi si cela. Il processo è quello di far avvenire e agire più livelli di camuffamento, humus ideale per le nostre iene, per poter agire e far agire nel nascondimento dell’essere umano e del suo più profondo sentire.
Con la metafora di un ballo in maschera intendiamo mettere in scena volti dell’umanità contemporanea e la sua fondamentale incapacità al silenzio. Forse esso appartiene solamente alla maschera: stato finale dove può confluire e finire quella meravigliosa metamorfosi che è l’espressione di ogni volto e corpo.
“L’uso, comune a tutte le lingue europee, della parola persona per indicare l’individuo umano è, senza saperlo, pertinente: persona significa, infatti, la maschera di un attore, e in verità nessuno si fa vedere com’è; ognuno, invece, porta una maschera e recita una parte”.
A. Schopenhauer
Dal 1989, anno della prima serata a loro firma, Michele Abbondanza e Antonella Bertoni hanno tracciato un cammino che oggi li identifica indiscutibilmente come i maestri del teatro danza italiano.
Con la Compagnia Abbondanza/Bertoni hanno esplorato le più diverse poetiche pur rimanendo sempre fedeli a un loro personalissimo e riconoscibile vocabolario coreografico e umano.
Stanziali dal 2005 al Teatro alla Cartiera di Rovereto, ma sempre erranti nell’animo, Michele e Antonella muovono la loro danza dall’urgenza di dare forma a una visione che, attingendo a diverse esperienze, da quella con Alwin Nikolais agli studi con Dominique Dupuy, passando per il lavoro con Carolyn Carlson e per la pratica dello zen, contrappone immagini, corpi e suoni che vibrano attorno a un concetto, a un’idea. E’ da questi moti dell’animo che nascono di volta in volta i più svariati progetti.
Quelli per e con i bambini ad esempio, da quel Romanzo d’Infanzia del 1997 che oggi conta oltre 600 repliche e quattro versioni, sino alla nascita della Piccola Compagnia Abbondanza/Bertoni con tre produzioni all’attivo. Dalle partecipazioni e creazioni per TV, cinema, Opera, Enti Lirici, alla pedagogia per adulti e bambini di Scuola d’Azione e dei numerosi seminari che Michele e Antonella tengono da anni in tutta Italia, sino alla cura per il germinare di nuovi autori cresciuti in seno alla compagnia e ora sostenuti nel loro percorso artistico individuale come Tommaso Monza e Valentina Dal Mas.
Senza dimenticare la creazione in forma di trilogia, in cui la compagnia sembra trovare il proprio equilibrio. Ho male all’altro, progetto quinquennale (2000-2005) sul tema del sacrificio per amore, si ispira liberamente alla tragedia greca mettendo in scena personaggi rarefatti che assurgono ad archetipi.
Il progetto Biologico sulla fragilità dell’umano coinvolge invece persone ‘speciali’ per età o condizione: il “borderline” in Le fumatrici di pecore (2010), con Antonella Bertoni e la danzatrice-attrice diversamente abile Patrizia Birolo, il “bambino” ne Il Ballo del Qua (2012), spettacolo per adulti interpretato da giovanissimi performer dai 7 ai 10 anni, l’“anziano” in Scena Madre (2012), in cui Antonella danza con la madre Paola. Nella recentissima Poiesis (2017-2019) è invece la musica a dettare la direzione, quella di Franz Schubert nel trio al femminile La morte e la fanciulla, Charles Mingus nel virile Erectus e Arnold Schönberg nell’ultimo capitolo Pelléas e Mélisande. Creano una trilogia ideale anche i progetti più intimi che denudano, non senza autoironia, cuore e animo della ‘coppia di ferro della danza italiana’: i soli Try di Antonella Bertoni (2006) e I Dream di Michele Abbondanza (2015) e il duo d’assoli Esecuzioni (2011) che li vede in scena insieme, soli, vent’anni esatti dopo il duo degli esordi Terramara.
Non è una danza comoda, quella di Michele e Antonella, che cerchi il consenso incondizionato e il plauso del pubblico; è una danza che pone domande senza dare risposte, che smuove e fa vacillare senza offrire un sostegno, scalfendo in modo indelebile certezze e preconcetti per trasportare in un viaggio che avrà inevitabilmente esito incerto.