Diretto e messo in scena ogni anno da François Rauline, con i 25 artisti e tecnici della compagnia.
Il Circo Bidon rappresenta forse la principale origine del genere Cirque nouveau in Francia, poi esportato in tutto il mondo.
Limportanza della compagnia sta nellaver dimostrato in Francia che il circo non era appannaggio solo delle consolidate famiglie circensi, e nellaver aperto le porte alle varie contaminazioni: teatro, musica, danza, che hanno poi dato vita al circo moderno. La sua lunga saga inizia nel 1976: partiti dalla Bretagna con carrozze e cavalli, dopo aver attraversato le campagne francesi per tre anni, approdano in Italia dove François Bidon Rauline rimane per circa 20 anni portando il suo Circo Bidon nei più importati festival teatrali e dando origine, direttamente o indirettamente, alla maggior parte delle principali compagnie e spettacoli di teatro di strada tra gli anni 80 e 90. Attualmente il circo risiede in Francia, nella zona del Massiccio Centrale, ed è l’unico ancora esistente con carrozze trainate da cavalli.
Venticinque persone, tra artisti circensi e musicisti di varie nazionalità, oltre a due bambini, otto cavalli, quattro galline, ed un gallo che di nome fa Las Vegas. A capo di questo colorato ensemble François Rauline, che nello spettacolo fa il pagliaccio e il domatore di galline sapienti. Il Circo Bidone lavora a cielo aperto, senza veli o sipari, disponendo le sue carrozze a semicerchio con una pista al centro e gradinate intorno. Qualche canovaccio della Commedia dell’Arte, nessun animale esotico: solo abilità, meraviglia, poesia… Gags comiche, sketches, una piccola orchestra che suona musiche zingare e suonando, ballando, cantando volando e sognando trascorrono due ore davvero magiche.
Sembra un paradosso alla fine del secondo millennio, in un’epoca sempre più proiettata verso la sfrenata ricerca tecnologica e la computerizzazione di tutto quello che ci sta attorno, che possa ancora esistere una carovana di attori saltimbanchi trainati da cavalli che percorre in lungo e largo l’Europa. Così se oggi si naviga su Internet da un capo all’altro del mondo in una piccola frazione di secondo, il Circo Bidon impiega cinque giorni per percorrere una distanza di 100 chilometri.
Tutto questo accade non per snobbismo o per attirare l’attenzione con una banale mezzo pubblicitario, ma per una sincera scelta di vita.
“Il circo non vende e non promette alcuna meraviglia utile. Il vero miracolo è l’accadimento stesso del prodigio. Il circo non migliora la vita futura, non guarisce; assicura invece un divertimento tutto presente, il cui piacere è nell’ammirazione pura della esibizione, della bravura tecnica che la permette e del rischio che è compagno”. Quando si entra nel magico cerchio dove il Circo Bidon esalta i suoi virtuosismi, bisogna fare piazza pulita della televisione, della radio e del cinema, che hanno standardizzato la nostra memoria collettiva.
Sul Circo Bidone sono stati scritti e pubblicati oltre 20 libri in una dozzina di lingue, organizzate centinaia di mostre ed esposizioni, girati quasi una decina di film e documentari, scritti fiumi di parole sui giornali. Fellini li adorava e frequentava, prima ancora che cominciassero a farlo Paolini e Capossela, Benigni e Troisi.
Ma per capirlo non basta leggere i libri o guardare i documentari…. bisogna fare ritorno al nostro universo culturale perduto, ad un immaginario nascosto nell’essere umano e proveniente da ancestrali memorie.
Quando in una piazza o in un parco ci si imbatte in una carovana di carrozzoni colorata che circonda una magica pista senza chapiteau, ed il tempo rallenta fino quasi a fermarsi per riprendere i ritmi di una vita scomparsa o mai esistita, quando l’illusione della poesia è tutto, e Fellini e Neruda sembrano li presenti che ti prendono per mano, quando il proprio universo viene capovolto e ci si trova a fare le considerazioni più strane sulla propria vita…….. allora è arrivato il Circo Bidone!